I ricci di mare sono il frutto più prelibato e ricercato dai salentini, che venga dallo Ionio o dall’Adriatico mari che bagnano entrambe le nostre coste, la qualità resta invariata. Bisogna chiarire subito un dilemma, da tradizione popolare siamo convinti di mangiare il “riccio maschio” quello che produce le uova, mentre quello che chiamiamo “riccio femmina” non può essere consumato. Effettivamente pur pescandoli e mangiandoli sin da piccole il dubbio c’è sempre rimasto, perché ha più senso associare le uova ad un esemplare femmina piuttosto che il contrario. Tuffandosi in mare è molto facile distinguerli, i ricci che erroneamente vengono definiti “femmine”, hanno gli aculei nerissimi molto più lunghi e spessi dalla forma quasi accattivante, mentre quelli definiti “maschi” sono più piccoli con gli aghi molto più corti che variano dal marrone al nero. La realtà è un’altra, si tratta di due specie ben distinte Arbacia lixula (non commestibile ) e Paracentrotus lividus (commestibile). Quindi non sono generi diversi di una stessa specie ma due completamente diverse, per cui quello che noi mangiamo comunemente contiene “le uova” (ovvero il loro apparato riproduttivo) sia maschile che femminile. Risolto l’arcano possiamo dedicarci alla degustazione, il periodo migliore per assaporarli al massimo del loro splendore, va dalla primavera all’estate anche se è possibile trovarli tutto l’anno, escluso i due mesi di fermo biologico (maggio e giugno).